Dal 13 luglio si discute al Senato su DDL Zan, dopo otto mesi d’attesa. Attualmente sospesa, la “maratona” riprenderà il 20 luglio, giorno del termine ultimo per l’approvazione.
Tra gli argomenti più discussi in questo momento, c’è sicuramente il DDL Zan. Tutti ne parlano, molti lo criticano mentre tanti altri lo favoriscono.
Ma di cosa si tratta effettivamente?
Il disegno di legge, che prende nome dal deputato del PD Alessando Zan, prevede “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
L’iter per l’approvazione di questo disegno di legge, dopo essere stato approvato alla Camera nel novembre 2020, è arrivato al Senato dov’è rimasto fermo per otto mesi. Quasi un anno intero in cui, come prevedibile, è successo di tutto.
Se ne è parlato, discusso, ci sono state bufere mediatiche… attualmente, è molto difficile trovare qualcuno in Italia che non abbia mai sentito nominare il DDL Zan.
Dal 13 luglio è in discussione al Senato, dove molti sono gli ostacoli. L’approvazione del DDL è sul filo del rasoio: si è arrivati a votare per uno stop alle discussioni prima della data stabilita, che ha trovato una minima opposizione di 136 senatori favorevoli a continuare la discussione, contro 135 contrari.
Il 20 luglio, dunque, sarà il giorno decisivo per l’approvazione o meno del DDL.
Italia Viva (centro sinistra) osteggia le votazioni con un atteggiamento da voltafaccia: dopo aver votato a favore del DDL, hanno cambiato le carte in tavola chiedendo modifiche di alcuni degli articoli. Ad esempio, Renzi vorrebbe togliere “i riferimenti all’identità di genere nelle scuole”.
Il centro destra non pare interessato però a mediazioni di nessun genere: per loro è un no assoluto.
Poche settimane prima dell’inizio della discussione in Senato, ha generato clamore un tentativo da parte del Vaticano di ostacolare l’approvazione del disegno di legge. “Vìola il Concordato”, dicono, riferendosi al rapporto tra lo Stato Italiano e quello Vaticano, mettendo in mezzo i Patti Lateranensi di mussoliniana memoria.
Ma non solo dai “poteri forti”: anche dal popolo arrivano idee su un presunto attentato alla libertà di pensiero in un Paese democratico…
Sono tante le domande che sorgono in questo momento.
Perché ci sono tante opposizioni? Perché un disegno di legge contro l’odio mirato alle minoranze è così ostacolato su vari livelli? L’Italia è davvero un Paese così spaventato dalle “diversità”?
Alcune delle risposte si trovano sul sito omofobia.org su cui, da 2013, sono raccontate le “cronache di ordinaria omofobia”.
Solo dall’inizio del 2021 fino ad oggi, le vittime registrate sono 185. Per quanto riguarda il mese di giugno, notoriamente dedicato alla manifestazione del Pride, quest’anno è stato “il mese più omofobo di sempre”, contando una vittima al giorno tra omicidi e suicidi. Alcune delle aggressioni, sono avvenute proprio in concomitanza delle varie giornate della manifestazione.
Leggendo questi pochi dati, le risposte sono abbastanza chiare.
Spesso nel corso delle discussioni sui social, è messa in ballo la Legge Mancino (1993) per motivare l’accanimento verso il DDL Zan. Si tratta di una legge che prevede condanne per chiunque inciti all’odio, alla violenza, discrimini per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.
In realtà, il DDL Zan altro non farebbe che estendere le condanne anche a chi discrimina in base a orientamento sessuale, identità di genere, abilismo e misoginia… ma in un Paese che dà ascolto a uno Stato che dovrebbe essere a sé stante come il Vaticano, cosa ci si può aspettare? In un Paese governato da chi porta in Senato i fischietti (nascosti dietro le mascherine) per prendersi gioco di chi parla della tutela di vite altrui, c’è altro da dire?
Il 20 luglio sapremo chi ha vinto, tra l’Italia che vuole progredire e ama le diversità facendone la sua più grande ricchezza, e l’Italia che rimarrà sempre attaccata a un passato fascista, bigotto e grigio.
La speranza è in tutte le persone mobilitate durante i Pride, in tutti coloro che s’interessano alla causa pur non avendone nessun “guadagno”. È nelle persone che si rendono conto che l’amore è amore in qualunque forma si presenti, in chi riflettendo pensa: e se un giorno ci fossi io, in una minoranza?
Giulia Anzani Ciliberti