Perché la svolta indie di Sanremo è una buona notizia.
Ogni anno l’annuncio dei big che parteciperanno a Sanremo si porta dietro una serie di commenti, tendenzialmente poco lusinghieri, nei confronti di quegli artisti che saliranno sul palco più prestigioso della musica italiana. E, spesso, anche nei confronti del direttore artistico che – anno dopo anno – li sceglie.
Questo accade perchè il Festival della canzone italiana fa sempre il record di ascolti, raggiunge picchi altissimi di share ed è seguito da una grossa fetta di pubblico di tutte le età. È quindi davvero complicato riuscire ad accontentare tutti gli spettatori sanremesi che hanno – per forza di cose –un bagaglio culturale, emotivo e generazionale differente.
E, a parte coloro che si ritrovano con il loro beniamino finalmente in gara, è ovvio che in molti possano storcere il naso di fronte alla varietà di artisti che hanno l’arduo compito di tenerci compagnia nel pieno della stagione invernale.
Puntuale come sempre, quindi, anche per il 2021 e a Festival ancora da iniziare, è arrivato il malcontento.
Per l’edizione che dovrebbe prendere il via il 2 marzo, emergenza sanitaria permettendo, le critiche rivolte ad Amadeus – che ha annunciato il cast completo il 17 dicembre nel corso della finale di AmaSanremo – sono state soprattutto due: aver scelto ben 26 big per la gara e aver selezionato, per lo più, artisti semisconosciuti al grande pubblico.
Se la prima osservazione è più che legittima e comprensibile, dopo il Sanremo dello scorso anno che – anche con meno concorrenti – si è concluso per 5 serate consecutive alle prime ore del mattino, la seconda non è assolutamente accettabile. Perché essersi aperti al cosiddetto mondo indie non può essere considerata una pecca o un punto a sfavore. Piuttosto un valore aggiunto.
Le partecipazioni recenti alla kermesse canora di gruppi come Lo Stato Sociale o i Pinguini Tattici nucleari, che si sono classificati rispettivamente al secondo posto nel 2018 e al terzo nel 2020, hanno infatti dimostrato che il favore dei telespettatori si sta spostando verso il cantautorato di nicchia. Quel complesso e talentuoso mondo che ha l’esigenza, e tutte le carte in regola, per cambiare i suoi connotati e salire alla ribalta.
Per entrambe le band, capaci di raccogliere il favore dei giovanissimi, calcare il palco dell’Ariston ha significato concedersi una svolta mainstream e raccogliere i frutti di una gavetta durata più di un decennio, tra piccoli tour in provincia o case discografiche non prestigiosissime. Per il pubblico televisivo, invece, ascoltare questi gruppi che mai ci si sarebbe aspettati di vedere in gara nella cittadina ligure, ha rappresentato l’occasione per incontrare la musica contemporanea nella sua espressione più vera. Come non accadeva da un po’.
Diciamolo senza troppi giri di parole: per anni Sanremo si è allontanato e alienato dalla realtà. Per troppo tempo alcuni interpreti venivano “scongelati” a febbraio per fare la loro comparsa all’Ariston, ricadere poi nell’oblio per il resto dell’anno e ricomparire solo a qualche mese dalla nuova gara canora sanremese.
Avere invece al Festival nomi come Fulminacci, La rappresentante di Lista, Willy Peyote, Colapesce e Dimartino significa non solo rendere merito ad artisti di altissimo livello, che per troppo tempo sono rimasti a guardare in seconda fila o dietro le quinte da scrittori silenziosi dei brani in gara, ma anche riacquistare il rapporto con gli ascoltatori e con la verità.
Tra loro ci sono re e regine delle Istagram stories e di youtube. Sono loro gli autori dei brani che spopolano su Spotify e raccontano senza filtri la quotidianità delle nuove generazioni e sono sempre loro gli operatori culturali che possono fare, meglio di chiunque altro, da specchio alla nostra epoca grazie a note e parole.
E, se è vero come è vero, che Sanremo è ormai anche e soprattutto un fenomeno social (ogni anno l’hashtag ufficiale supera il milione di tweet e condivisioni in solo 5 serate), è giusto e sacrosanto andare incontro al pubblico delle piattaforme online.
Ben venga allora l’indie-pop, ben vengano i cosiddetti artisti “alternativi”, ben venga la bella musica d’autore. Soprattutto perché finora l’abbiamo vista molto poco in TV.
Per il cast 2021 comunque l’offerta artistica risulta essere parecchio eterogenea e di qualità, al punto tale da riuscire a incontrare anche il gusto di coloro che continuano e continueranno a rimanere scettici nei confronti del cantautorato di nicchia. Accanto alla grande ondata di artisti indipendenti, restano infatti in gara alcuni nomi tipicamente sanremesi, che quest’anno sono quanto mai di livello: Arisa, Noemi, Malyka Ayane, Ermal Meta sono solo alcuni degli esempi possibili. Senza considerare quanto scalpore e audience ha fatto l’annuncio della presenza all’Ariston, in coppia con Francesca Michielin, di Fedez.
Il rapper assieme alla moglie Chiara Ferragni nel 2020 si è dimostrato vicino ai bisogni, alle esigenze e alle emozioni degli italiani. Si è impegnato in diverse raccolte fondi, iniziative benefiche a favore delle strutture ospedaliere o a sostegno delle maestranze dello spettacolo. E, chiuso tra le mura domestiche come il resto dei suoi connazionali, senza tentare di sfruttare la sua popolarità o il suo conto in banca per aggirare le regole, ha tenuto compagnia (sempre via social, of course) a migliaia di persone durante i mesi di lockdown.
Anche la partecipazione di un artista come lui, divenuto in questo ultimo anno il paradigma del musicista impegnato nel sociale, contribuirà di certo a far riacquistare alla manifestazione più seguita in Rai il suo valore nazionalpopolare che rischiava di andare dimenticato, riportando finalmente Sanremo ad essere di nuovo, e a pieno titolo, il Festival della canzone italiana.
Maria Francesca Amodeo