21 parole e acronimi che stanno trasformando insegnanti e presidi in burocrati, impiegati e manager
Negli ultimi venti anni il sistema scolastico italiano è stato invaso da formule astruse che stanno massacrando l’intima natura dell’insegnamento. Sono procedure importate dalla dottrina neoliberista e dal vocabolario delle aziende. Non hanno apportato alcun miglioramento qualitativo alla scuola pubblica. Al contrario, contribuiscono a disumanizzarla, incattiviscono tanti presidi e distraggono i docenti dalle loro funzioni primarie: la didattica e la pedagogia. Tuttavia, sia nelle presidenze che dietro le cattedre, in molte scuole esistono sacche di resistenza umana. Non tutti si lasciano irretire dall’ossessione tecnocratica.
Segue l’elenco delle formule astruse:
Azioni di miglioramento
Nel sistema delle imprese la parola d’ordine per essere competitivi sui mercati è INNOVAZIONE. Da qualche anno i tecnocrati del Ministero hanno imposto alle scuole di scimmiottare il lessico dei consulenti finanziari, sbandierando azioni che si rivelano prive di costrutto.
B.E.S.
Sono classificati così gli alunni e le alunne che presentano “Svantaggio sociale e culturale, disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse” (…) “il Bisogno Educativo Speciale è qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento, permanente o transitoria, in ambito educativo e/o apprenditivo, dovuta all’interazione dei vari fattori di salute e che necessita di educazione speciale individualizzata”. Con questo acronimo, migliaia di ragazzi sono confinati in un limbo. Al di là delle tante chiacchiere, soltanto alla sensibilità e buona volontà dei singoli insegnanti è affidata la speranza di un’effettiva partecipazione di questi ragazzi al cammino pedagogico-didattico.
Competenze
Rappresentano l’oggetto misterioso di cui tutti parlano e che tutti cercano di raggiungere, un’autentica fissazione per i pedagogisti sguinzagliati nella scuola-azienda da Berlinguer alla Gelmini. Dovrebbero essere il “prodotto finito” della pubblica istruzione, la trasformazione della conoscenza in sapere concreto. Nelle programmazioni occupano spazi e tempi infiniti. Nei fatti, la scuola svolge questa funzione da sempre. A cosa servirebbe lo studio se non preparasse le persone alla vita?
Dipartimenti
Dal 2015/16 funzionano questi coordinamenti formati da docenti della stessa area disciplinare. Gli insegnanti si riuniscono per assumere scelte comuni sulla didattica e le attività interdisciplinari. In concreto rappresentano una grande finzione. A differenza delle università, infatti, le scuole non funzionano per dipartimenti, cioè non esistono aule disciplinari dedicate a singole materie. Com’è noto, le scuole sono organizzate con classi chiuse, formate per fasce d’età. Per il coordinamento tra i docenti basterebbero e avanzerebbero i consigli di classe e i collegi dei docenti.
Educazione alla cittadinanza
In un Paese dove non vige lo ius soli, è il più ipocrita degli insegnamenti. Moltissimi alunni e alunne provenienti da famiglie migranti sono privi dei diritti riconosciuti dalla cittadinanza italiana.
Formazione e Aggiornamento
Uno dei peggiori incubi della classe docente. I corsi di formazione, spesso incentrati su argomenti astratti e privi di riflessi pratici nella didattica, costringono gli insegnanti a estenuanti pomeriggi che si rivelano punitivi per loro e propagandistici della volontà dei governi di migliorare la qualità dell’insegnamento. “Vedete come siamo bravi? Questi privilegiati degli insegnanti li obblighiamo a studiare”. Drammatici gli effetti sul funzionamento delle scuole: il giorno dopo, tanti docenti sono più stanchi e svogliati di prima. Costoso per le casse scolastiche è l’esborso dei compensi per i formatori. Se proprio si volesse imporre agli insegnanti di mantenere vivi i neuroni, sarebbe sufficiente richiedere ogni anno a ciascun docente di attestare la propria frequentazione di teatri, siti di interesse culturale e scientifico, cinema e musei oppure di aver svolto autonome attività di studio e autoformazione.
G.L.I.
Il Gruppo di Lavoro per l’Inclusione di per sé non sarebbe un organo perverso. Oltre a lavorare per gli alunni disabili, dovrebbe infatti supportare l’integrazione dei soggetti interessati da disturbi specifici dell’apprendimento e quelli afflitti da svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale. Rimane da capire però quali siano gli spazi e le risorse finanziarie indispensabili per attuare gli interventi definiti dal G.L.I.. Soprattutto, in generale, è naturale chiedersi se all’interno delle scuole esista un grado diffuso di sensibilità verso queste problematiche.
H
È la più fredda delle definizioni adottate dal sistema scolastico. “H” è l’iniziale di alunno portatore di “Handicap”, un termine marginalizzante, offensivo, discriminatorio. L’insegnante di sostegno è una delle più preziose figure didattiche introdotte nel sistema scolastico negli ultimi 40 anni. Anche grazie all’istituzione di questa categoria docente, sin da quando sono bambini, agli alunni si insegna che “handicappato” è una parola odiosa, da non pronunciare. Più corretto è “persona disabile”. Eppure quella cinica consonante riecheggia spesso nella scuola pubblica italiana. E talvolta, in maniera tattica e strumentale, se ne fa abuso.
Invalsi
Inutili, costose, diseducative, controproducenti, ideologiche, queste prove strutturate a quiz hanno la pretesa di misurare la qualità della didattica nelle singole scuole e i livelli di preparazione degli studenti. In realtà valutano le capacità performative degli alunni, la rapidità nell’esecuzione di procedure standard in vista di un loro impiego futuro da sfruttati nei call center, come riders, nel facchinaggio della logistica e in altri anelli della catena di montaggio distribuita nella società.
Laboratori
In tantissimi casi sono validi spazi di insegnamento delle arti visive, teatrali, musicali, cinematografiche. Offrono energie all’impiego della manualità a fini creativi. Ma spesso divengono “pezze giustificative” per riempire le voragini organizzative che si aprono nelle scuole a causa delle demenziali modifiche gestionali introdotte dal MIUR negli ultimi anni.
Metodologie
Sono entità metafisiche. E ce n’è per tutti i gusti: flipped classroom, role playing, action maze. Cosa non si farebbe per lucidare la vetrina di ogni istituto scolastico e attrarre nuove “utenze” durante i meravigliosi e scintillanti open day?
N.I.V.
La religione del marketing si è insediata nel sistema d’istruzione pubblica. Il Nucleo Interno di Valutazione è una squadretta di professori che si aggira per i corridoi, compila carte, tonnellate di carte, e all’occorrenza si trasforma in gruppo di delazione per informare i Dirigenti sul comportamento di eventuali colleghi deviazionisti. Non è da escludere che nei prossimi anni sarà possibile recensire le scuole su tripadvisor.
Orientamento
Tempo perso, soldi pubblici sperperati, disturbo intermittente delle lezioni per fingere di indirizzare le scelte degli alunni in procinto di concludere un percorso scolastico e intraprendere il successivo. Si sa che ognuno si iscrive dove vuole, in base alle proprie simpatie, attitudini, convenienze. Non ci sarebbe alcun bisogno di spot pubblicitari. Triste è il compito di quei docenti spediti dai rispettivi dirigenti nelle scuole inferiori, travestiti da hostess e giocolieri.
Progetti, PTOF, Premi della “buona scuola”
Chissà perché le creature più mostruose della scuola-azienda iniziano tutte con la “P”. I Progetti ingabbiano in pacchetti preconfezionati le attività che un tempo nelle scuole si svolgevano spontaneamente. Così ci sono addirittura scuole che hanno escogitato un “progetto Italiano” o un “progetto Matematica”!!! Insieme ai famigerati Premi voluti dalla riforma Renzi, assegnati dai presidi agli insegnanti meritevoli, i progetti scatenano tra i docenti gelosie, tensioni e vendette per l’accaparramento di compensi quasi sempre irrisori. Il PTOF è il menu che ciascun istituto scolastico offre ai genitori dei propri alunni. Spesso però al di là dei buoni propositi, la pasta risulta scotta.
Questionari
Circolano dovunque, in ogni momento. Un bel questionario non si rifiuta a nessuno. Durante i collegi docenti, all’esito dei corsi di aggiornamento, a inizio e fine anno, persino quando sei nella toilette, te li propinano su argomenti tra i più surreali. Non è chiaro poi a cosa servano.
R.A.V.
Come in ogni impresa o supermercato che si rispetti, il Rapporto di AutoValutazione dovrebbe mappare le risorse, i risultati raggiunti, indicare le priorità. Peccato che tutto questo non c’entri nulla con lo studio, la conoscenza e la pratica della lingua italiana, della Storia e Geografia, delle lingue straniere, dello sport e delle arti. Che non sono beni di consumo, ma campi della conoscenza.
Scelte curricolari
Le scuole fingono a se stesse di poter scegliere il percorso da programmare per la propria “utenza”. E definiscono degli “obiettivi”. Ma almeno fino al terzo anno di scuola media (ops, “Secondaria di primo grado”) di fatto tutte si somigliano tra di loro o sono addirittura identiche.
Traguardi delle competenze
È incredibile il numero di verbi all’infinito, presenti nelle programmazioni trasversali, verticali, parallele e collaterali, approntate dalle scuole: “Interagire, produrre, comprendere, sviluppare…” Come se bastasse nominare le cose per farle diventare vere.
Unità d’apprendimento
Sono gli argomenti delle lezioni, i vecchi, classici, semplici argomenti delle lezioni. Ma quant’è affascinante e innovativo chiamarli “Unità d’Apprendimento”! Che se poi diventano pure “trasversali”, certi pedagogisti sfiorano l’orgasmo.
Valutazione
Voti e giudizi sono sempre esistiti, purtroppo. Il nuovo sistema di valutazione ambisce a essere efficace, aspira alla perfezione assoluta. Così prepara gli alunni e le alunne allo stupefacente sistema dei crediti e debiti che ha mercificato le università, e li attanaglierà fino all’ultimo respiro.
Z
“Z” come Zaino. Nell’era del digitale, dei tablet e delle Lavagne Interattive Multimediali, gli zaini (soprattutto quelli sulle spalle dei bambini delle scuole elementari e dei ragazzini delle medie) continuano a essere pesantissimi, gravati da libri di testo, che sulla carta avrebbero dovuto essere sostituiti da versioni digitali, ma di fatto rimangono cartacei e costosissimi. Poche le scuole virtuose che hanno scelto la modalità “Senza zaino”.
Claudio Dionesalvi
PS
Una precisazione doverosa: la scuola in cui presto servizio, effettua gli adempimenti e attiva gli organismi previsti dalla normativa. Tuttavia, avendo a cuore il corretto funzionamento della scuola, le persone preparate e dotate di buonsenso, che la dirigono, non pongono al centro delle sue attività formule astruse, formalità e burocrazia. Anche per questo motivo, è una scuola che funziona bene.